I muri sono fatti…per essere scalati!

Oggi siamo stati al centro culturale Amal Almustakbal, nel campo profughi di Aida, dove abbiamo costruito la paretina di arrampicata per fare allenare i bimbi e le bimbe del campo. Il centro è stato fondato da un gruppo di donne come asilo durante la prima intifada per permettere ai/alle bambine di portare avanti la propria formazione quando vennero chiuse le scuole e per proteggerli dai bombardamenti.

Tra queste donne c’era Amal, che è stata una forte sostenitrice dell’importanza dell’educazione come strumento di liberazione e si è impegnata fin dall’inizio nell’asilo, oltre a questo iniziò a fondare gruppi femministi e decise di impegnarsi in prima persona nella lotta di liberazione palestinese imbracciando le armi,diventando poi martire nell’89. Da quel momento l’asilo venne dedicato a lei, Amal significa speranza e Amustakbal futuro, quindi “Amal al Amustakbalcioè speranza nel futuro.

Il centro culturale continua oggi a offrire molte attività per bimbi e bimbe del campo tenendo fede  all’intento iniziale in modo che possano avere una formazione adeguata e continuare a combattere contro l’oppressione israeliana che cerca di tagliare loro ogni possibilità.

Quest’anno il nostro obiettivo era costruire la paretina”; qui e oggi ci siamo riusciti: 12mq di parete per 260 ragnetti  e oltre 50 prese già montate consumando soltanto 80 falafel, un ottimo risultato.

Di contorno abbiamo trovato il tempo di aiutare i compagni e le compagne del centro in alcuni lavori di manutenzione dello spazio, realizzare un murales con Andala versione climber e tenere attività musicali nella strada davanti al centro, sempre piena di bambine e bambini. Le due chitarre a disposizione erano continuamente contese per imparare qualche nota, mentre l’ampia sezione ritmica batteva con gli strumenti improvvisati su tamburi costruiti con materiali di riciclo. Le energie sembravano infinite e il fracasso, mischiato alle risate, iniziava a sembrare buona musica.

È la seconda parete in un campo profughi intorno a Betlemme, pensiamo sia l’occasione per i bimbi di provare un gioco nuovo che possa diventare qualcosa di più, uno sport che li aiuti a prendersi degli spazi e a trovare respiro dove ogni centimetro gli viene sottratto. Significativo è stato vedere come i bambini si rendessero conto che stavamo lavorando per creare qualcosa per loro e, per questo, volessero diventarne parte attiva, partecipando loro stessi alla costruzione. Ci hanno aiutato così ad avvitare viti e bulloni e fissare prese e appoggi.

Questo è un ulteriore passaggio del nostro progetto originario, portare l’arrampicata libera in Palestina come pratica sportiva a disposizione del popolo palestinese. Nelle giornate del 31 dicembre e del 2 gennaio, torneremo alla falesia di Battir insieme ai bimbi e le bimbe di Laylac e di Aida, sulle vie che abbiamo chiodato lo scorso anno.

Mentre eravamo impegnati nella costruzione della paretina ci siamo resi conto che nelle vie del campo erano in corso manifestazioni e scontri con le forze dell’autorità palestinese: i ragazzi di Aida sono scesi in piazza per protestare contro la mancata liberazione di un giovane del campo, incarcerato per motivi non ancora chiariti. La vita nei campi profughi è particolarmente amara quando si vive la realtà di una doppia occupazione.

Il 31 dicembre e il primo gennaio sono giorni speciali per il campo di Aida e per il centro Amal Almustakbal, si ricorda la vita di Amal, il suo impegno per la comunità e il suo coraggio. Siamo davvero soddisfatti di aver concluso il nostro piccolo progetto in tempo per queste date, speriamo di aver dato un ulteriore elemento di rilancio e aggregazione.

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