Arrampicare a Battir
Lunedì 11 marzo ci si sveglia presto, zaino in spalla e si parte alla volta di Bet Jala: da qui si intraprende il sentiero per raggiungere il villaggio di Battir, lungo il quale è possibile incontrare alcune delle vie di arrampicata aperte lo scorso dicembre durante il viaggio in Palestina del gruppo West Climbing Bank.
La mattinata scorre tranquilla, grazie anche al clima primaverile e il sole tiepido. Il gruppo come sempre meticcio: palestinesi, italiani e francesi. Per alcuni è tutto una scoperta, per altri una riconferma di esperienze e di emozioni, per altri ancora casa.
Si alternano momenti di sforzo e concentrazione, dovuti alle vie e alle loro diverse difficoltà, a momenti di relax accompagnati dal classico caffè arabo e colazione tipica, la shashuka.
E’ un momento di forte condivisione sia a livello culturale, che di quotidianità ma soprattutto sportivo: vedere come questa pratica ha “attecchito” in modo diverso su ogni individuo e come spinge corpo e mente ad affrontare la fatica della scalata. Vivere questo sport insieme a chi ogni giorno affronta l’occupazione israeliana, aiuta a comprendere nel profondo l’importanza che può avere la sua pratica e la sua divulgazione in un contesto politico cosi difficile. Soprattutto nel momento in cui la giornata viene interrotta dall’arrivo di due civili israeliani armati, che in arabo fluente, vogliono avere spiegazioni sul motivo della nostra presenza in quel luogo, schernendo addirittura l’intraprendenza dei palestinesi “nel cimentarsi sempre in cose nuove”.
Per fortuna la spiacevole pausa è breve, ma lascia i palestinesi presenti nervosi, e gli internazionali più consapevoli: rendere manifesto il fatto che in questo pezzettino di terra incontaminata tra Battir, Bet Jala e el Mahrur, i palestinesi non hanno intenzione di “perdere terreno” ma anzi continueranno ad inventarsi nuove pratiche (che siano sportive o politiche) per presidiarlo e non lasciarlo all’occupazione, è di fondamentale importanza anche come simbolo di solidarietà da parte di chi palestinese non è.
A Battir, come in molti altri luoghi in Palestina, si combatte anche attraverso lo sport dell’ arrampicata rivendicando la libertà di questa terra dall’occupazione e per il diritto al ritorno.
Per questo il ritorno alla base è segnato da un sentimento di forza e “piacevole stanchezza” oltre che stupore e orgoglio, per chi per la prima volta si è lanciato nel tentativo di arrampicare, scoprendosi particolarmente interessato e portato per questo sport.
yalla!