Nablus e la resistenza di Tal Balata

Nablus è circondata da due montagne. In cima si trovano due basi militari israeliane, che tengono sotto controllo la città e i campi profughi. Qui si trova il più grande della Palestina: Tal Balata, 35mila abitanti in 1 km quadrato. Per l’alta densità di popolazione il campo si è sviluppato in altezza; gli spazi tra un edificio e l’altro sono molto stretti, ci passa una persona per volta, spesso nemmeno quella. La popolazione è in crescita, ma lo spazio per costruire è terminato (come in quasi tutti i campi della Palestina).

Tal Balata è anche il luogo più inaccessibile per l’esercito israeliano e la polizia dell’Autorità nazionale. Qui hanno trovato rifugio nei decenni e ancora oggi molti ricercati da Israele, che comunque continua a provare a fare irruzione ogni notte. Spesso dalle basi sulle montagne i cecchini colpiscono gli abitanti durante le operazioni militari e le proteste della popolazione. Qui ogni persona ha più di un lutto e molti parenti in carcere. Per sostenere soprattutto i ragazzi e le ragazze rimasti orfani, sono le organizzazioni interne a occuparsene.

Una di queste è il centro culturale Yafa: un alto palazzo di 4 piani, che organizza attività per oltre 500 bambini. “Qui c’è più povertà rispetto ad altri campi. Tante persone sono state costrette ad andare a lavorare in Israele e non sono più tornate. L’alta popolosità rende più difficile coprire le necessità di tutti, ma per i più giovani riusciamo a svolgere attività di danza, musica, teatro, doposcuola”, ci racconta A., uno dei ragazzi animatori di Yafa.

Proprio i più giovani sono anche i più induriti. La socievolezza che abbiamo trovato nei bambini e nei ragazzi degli altri campi qui si mostra con meno facilità e più aggressività. Anche i più grandi si mostrano diffidenti quando vedono spuntare dai vicoli dei volti sconosciuti. Lo si capisce anche guardando i muri del centro culturale e della scuola dell’UNWRA crivellati dai colpi dei proiettili.

Fuori da Tal Balata il traffico automobilistico e umano di Nablus ci riporta verso la città vecchia e il grande mercato cittadino. I vicoli della città, una delle più vecchie del mondo, nascondono le più antiche fabbriche di sapone. Per i palestinesi non si tratta solo di un’attività economica ormai resa molto più difficile dall’occupazione, ma soprattutto di un elemento per riaffermare la propria identità e difendere una cultura. “Solo se conosci la cultura di una terra puoi comprendere la sua sofferenza e, in particolare, questo conflitto”, ci racconta uno dei lavoratori delle fabbriche. Le più importanti sono state distrutte da Israele durante le molte operazioni militari che negli anni hanno cercato di piegare la popolazione di Nablus.

Andando via guardiamo verso l’alto, sperando che la prossima volta che torneremo quelle montagne non siano più inaccessibili ai palestinesi e libere dagli odiosi cecchini dell’esercito d’occupazione.

Nablus, 5/1/2018