Dalla Porta di Damasco al campo di Dheisha
L’aeroporto di Ben Gurion accoglie chi arriva con un gigantesco striscione per i 120 anni dalla fondazione del movimento sionista, quando Herzl organizzò a Basilea il primo congresso sionista: “Zionism is an infinite ideal”. Arrivare in queste terre dopo le ultime settimane di tensione seguite alla dichiarazione di Trump su Gerusalemme capitale dà alla frase il sapore di una promessa inquietante.
Il bus ci lascia in piena notte alla Porta di Damasco, confine tra la parte orientale e quella ovest della città. La differenza non sta solo nell’architettura, ma soprattutto nella presenza delle pattuglie militari che giorno e notte controllano persone, via vai, attività nella zona araba, con assoluto potere discrezionale. Dagli accordi di Oslo del ’93 infatti Gerusalemme est rientra nella cosiddetta area B: giurisdizione dell’Autorità nazionale palestinese, ma controllo militare di Israele. La presenza costante è vissuta spesso come una provocazione e questo spiega perché la tensione non scende mai davvero.
Ci avviamo verso Betlemme sul bus che molti palestinesi prendono per fare i pochi chilometri che dividono Gerusalemme dalla Cisgiordania evitando il famigerato “Checkpoint 300”, quello che purtroppo la maggioranza degli operai delle zone occupate è costretto ad attraversare tutti i giorni per andare a lavorare nelle aziende edili israeliane e poi tornare a casa la sera.
Vicino Betlemme c’è un vecchio campo profughi diventato col tempo una vera e propria città: è Dheisha, dove ci accolgono i compagni del centro Laylac, uno dei principali punti di riferimento per la solidarietà internazionale alla lotta all’occupazione. Laylac è un centro culturale che da anni crea attività che mirano soprattutto a coinvolgere giovani e giovanissimi (che qui sono la maggioranza) in percorsi sportivi, come ad esempio quello attivato da una piccola palestra francese sull’arrampicata libera. Proprio con Laylac porteremo i materiali raccolti grazie a tutti/e voi all’interno di questo progetto.
Ma Dheisha è anche uno dei territori che ha sofferto e resistito di più negli ultimi cinquant’anni: lo dimostra il fatto che appena arrivati troviamo un corteo di moto e macchine in festa per la liberazione di questa mattina di due ragazzi arrestati nelle scorse settimane durante le manifestazioni di protesta, che ogni settimana segnano il tempo del campo-città. Il senso di comunità qui è molto forte, i festeggiamenti proseguono anche in serata e fin da subito sentiamo quello che ci hanno detto al centro Laylac: “La Palestina è la vostra seconda casa”.
Dheisha, 28/12/17