La giornata è cominciata come mai avremmo voluto.
Ci siamo svegliati con il suono degli spari e le urla di protesta. Dalla finestra del centro Laylac che dà su Hebron street abbiamo potuto seguire lo scontro e purtroppo essere testimoni di avvenimenti devastanti quanto quotidiani nella Palestina sotto occupazione. Si sono svolti scontri tra soldati, entrati nel campo all’alba per compiere degli arresti, e i ragazzi palestinesi che tentavano di cacciarli. L’esercito spara per aprirsi un varco: un ragazzino cade a terra inerme, scopriamo più tardi che ha 12 anni; viene soccorso dai suoi compagni e caricato sul primo taxi. Altri 11 subiscono la stessa sorte.
Come se non fosse successo nulla, le macchine cominciano a passare di nuovo, i venditori aprono i loro negozi e la vita ricomincia davanti a questa assurdità. E anche noi come loro carichiamo gli zaini sulle spalle e saliamo sul bus che ci porterà nei dintorni di Ramallah a scalare. Con noi un gruppo di ragazzi del campo e volontari del centro, che tra sorrisi e scherzi monitorano in continuazione il cellulare per avere notizie sugli esiti dello scontro e sulle sorti dei loro amici.